Lucus Feroniae per TeverExplora

Teverexplora #storie presenta Lucus Feroniae

Oggi, per Teverexplora | Storie, ci inoltriamo nelle immagini e nel racconto del Lucus Feroniae, sito archeologico di straordinaria importanza, situato nel comune di Capena, sull’antica via Tiberina: a guidarci in questo viaggio, realizzato in accordo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale, è il dott. Michele Damiani, archeologo, profondo conoscitore di queste aree e della loro storia.

Si tratta di luoghi in cui, già in tempi antichissimi, si univano ed entravano in contatto le popolazioni che vivevano sulla Valle del Tevere: cercheremo di raccontarne la storia, ma anche di valorizzarne la portata simbolica e reale di “luogo di incontro”, lungo le strade del dialogo e affacciati su un Fiume, attrattore di turismo potenziale e di elementi culturali della nostra tradizione.

 

Lucus Feroniae è un santuario antichissimo, di cui conosciamo la tradizione e le feste già ai tempi di Tullo Ostilio, terzo Re di Roma: Lucus intende un boschetto sacro, non selvatico (sarebbe altrimenti selva), ma organizzato, quasi una radura alberata e il termine indica probabilmente il fatto che la luce potesse entrarvi. Feronia era una dea venerata dai Sabini e sembra strano che un suo santuario si trovasse sulla sponda etrusca del Tevere, ma forse c’erano molti più contatti tra i due popoli di quanto i libri di storia ci raccontino. Questi contatti erano garantiti da frequenti attraversamenti del Tevere con traghetti e imbarcazioni, probabilmente su una rotta di transumanza. Vi erano inoltre due strade che affiancavano il Tevere: sulla sinistra idrografica la via Salaria, sulla destra la via Campana, che poi prenderà il nome di via Tiberina. Entrambe queste strade erano molto utilizzate, conducendo i traffici del sale dalla foce del Tevere, dal Tirreno, fino all’entroterra dell’Italia centrale. 

Feronia era la dea delle selve, ma anche del fuoco e delle fonti; tutto ciò che nasceva da uno stato di “prigionia”, da sotto la terra, era la sua area di influenza: per questo era molto venerata dagli schiavi e soprattutto dai liberti, che dallo stato di prigionia si erano già affrancati. Per estensione, Feronia era anche una dea che sovrintendeva all’agricoltura, al seme che nasce dalla terra e che diventa frutto: le sue feste si celebravano il 13 novembre, in occasione dei Ludi Plebei,  durante i quali si celebrava il patto tra la divinità e l’uomo, ovvero la promessa che nonostante il sole stesse per morire durante il solstizio d’inverno sarebbe poi rinato dalla prigionia del buio. 

In origine il santuario era molto semplice: un bosco probabilmente ben curato, alcune fosse per la realizzazione di sacrifici e un piccolo villaggio che intorno ad esso si era sviluppato, lungo l’incrocio tra la via Campana e l’attraversamento fluviale. Ogni anno qui si teneva una grande fiera a cui partecipavano persone di tutti i popoli circostanti, Sabini, Romani, Etruschi. A Feronia venivano portate numerose offerte, alcune molto semplici altre molto ricche: le offerte accumulate nel santuario divennero talmente ingenti da spingere Annibale, durante la sua ritirata dopo il tentativo di conquista di Roma nel 211 a.C. a saccheggiarlo. Forse Annibale avrebbe anche voluto distruggerlo, ma non ci riuscì proprio per l’intervento della dea, che era anche in grado di condizionare gli elementi meteorologici: lo storico Livio ci racconta in proposito dei soldati che uscivano dall’accampamento per distruggere il tempio e venivano interrotti da grandi piogge. Annibale portò comunque via oro e argento in grande quantità, lasciando solo il bronzo ancora non coniato, probabilmente indice dell’antichità di questi tesori. 

Fu dopo il saccheggio che nel santuario di Lucus Feroniae vennero realizzate le prime strutture murarie; siamo nel II secolo a.C. e in questa fase venne lastricata la via Campana (o Tiberina). Il santuario e la città ad esso connessa erano ancora un grande punto di riferimento per le popolazioni italiche e probabilmente si schierarono contro Roma durante le guerre sociali. Questo portò Silla alla vittoria di questa guerra civile terribile e alla distruzione del santuario, che non venne mai più ricostruito. Lo spazio sacro di Feronia però venne mantenuto tale e quando venne dedotta qui la colonia, prima cesariana e poi di Augusto, venne realizzato un grande muro per separare il Foro dall’antica sede del santuario. Augusto fece realizzare qui un foro enorme, dominato dalla basilica e dal tempio della Salus frugifera, che in qualche maniera raccoglieva l’eredità di Feronia. 

Mentre sul lato orientale del Foro rimaneva intatta l’area sacra Feronia, sul lato occidentale invece si sviluppavano abitazioni e negozi: gli ambienti erano alti due piani, con le attività commerciali nella parte bassa e le abitazioni nella parte alta. Augusto diede un nuovo nome al Lucus, Colonia Iulia Felix Lucus Feroniae, e vi portò i suoi veterani; dobbiamo immaginare una popolazione mista, composta dagli abitanti del luogo che continuavano ad abitare qui commerciando sul Tevere, e da nuovi abitanti, costituiti soprattutto da ex soldati, che chissà da quale parte del mondo romano venivano. Non c’era solo lavoro nei campi, ma anche vita cittadina, con un anfiteatro per assistere agli spettacoli e un piccolo impianto termale, decorato con mosaici che, in età tardoantica oltre ai vari restauri, venne trasformato anche in chiesa cristiana. 

L’area di Lucus Feroniae è è indagata sistematicamente fin dagli anni Cinquanta del secolo scorso e sono emerse tracce importantissime, sia della fase arcaica del santuario che della fase urbana, augustea e imperiale, con materiali monumentali bellissimi insieme a quelli della povera gente. Tutto è conservato nell’Antiquarium di Lucus Feroniae, museo multimediale che accoglie i visitatori raccontando la storia di questo sito straordinario. Lucus Feroniae è uno dei siti che maggiormente testimoniano l’importanza del Tevere per le popolazioni che vivevano sulle sue sponde: un luogo dedicato ad una divinità sabina ma in territorio etrusco, lungo strade di comunicazione che affiancavano il fiume e posto su un attraversamento. Tutta la civiltà tiberina qui trovava la sua espressione: si incontravano, commerciavano, scambiavano comunicazioni culturali e anche notizie provenienti da tutto il resto del mondo. 

Questo luogo, ancora oggi, può diventare uno dei centri di maggiore “racconto” delle comunità che si affacciano sul Tevere e, grazie a Teverexplora e all’impatto turistico che si potrebbe sviluppare, può trasformarsi in un nuovo centro culturale per una popolazione che è alla ricerca di un fulcro: oggi Lucus Feroniae può esserlo.